È vergognoso esser stanchi d'indagare se ciò che cerchiamo è eccellente.
Le grandi cose non si fanno con la forza o con la velocità o con la agilità del corpo, ma con la saggezza, con l'autorità, con il prestigio; delle quali virtù la vecchiaia di solito non solo non è priva, ma anzi ne è arricchita.
E non c'è nessun individuo di nessun popolo che, se guidato dalla natura, non possa pervenire alla virtù.
Bisogna essere servi delle circostanze.
Chi guarda un vero amico, in realtà, è come se si guardasse in uno specchio.
In primo luogo il cedere alle circostanze, cioè l'ubbidire alla necessità, è sempre un connotato del saggio.
Siamo quello che facciamo ripetutamente. L'eccellenza non è dunque un atto, ma un'abitudine.
L'eccellenza in un campo qualsiasi può essere raggiunta solo attraverso il lavoro di una vita: non si può acquistare ad un prezzo inferiore.
Dalla culla e non dalla scuola deriva l'eccellenza di qualunque ingegno.
Quanto meno un uomo è giustificato nel pretendere eccellenza per sé stesso, tanto più egli è pronto a pretendere eccellenza per la sua nazione, la sua religione, la sua razza o la sua sacra causa.
Alcune persone non sono abituate a un ambiente in cui è richiesta eccellenza.
Dovunque e comunque si manifesti l'eccellenza, subito la generale mediocrità si allea e congiura per soffocarla.
Noi siamo quello che facciamo costantemente, l'eccellenza quindi non è un atto ma un'abitudine.