Un linguaggio è un gigantesco "come se".
Essere ebreo è una condizione umana estrema, terribile e insondabile; una condizione di cui l'occidentale ha paura; e noi sappiamo che si ha paura di ciò che sta dentro di noi, non di ciò che ci è estraneo.
La condizione di italiano espatriato attiva il complesso dell'orfano sannita, un che di sventurato e diffidente, di irto e rusticamente astuto.
Gli intellettuali. Questo risibile quinto stato.
La vita è e deve essere un negativo dei sogni.
In verità, non c'è al mondo oggetto librario più fascinoso, seducente, innamorativo di una enciclopedia.
Il linguaggio opera interamente nell'ambiguità, e la maggior parte del tempo non sapete assolutamente nulla di ciò che dite.
Il linguaggio ha attaccato la muffa alle cose. L'epoca puzza già di frase fatta.
Il linguaggio è un labirinto di strade. Vieni da una parte e ti sai orientare, giungi allo stesso punto da un'altra parte, e non ti raccapezzi più.
Non c'è linguaggio senza inganno.
Il linguaggio è l'armonia della mente umana; a un tempo contiene i trofei del passato e le armi per future conquiste.
Il linguaggio, prima di significare qualcosa, significa per qualcuno.
Il linguaggio umano sembra essere un fenomeno unico, senza analogie significative nel mondo animale.
Il linguaggio è la madre, non l'ancella del pensiero.
Il linguaggio è la veste del pensiero.