L'arte ritrova quello che la natura guastata ha perduto.
L'inerzia chiamasi rassegnazione, e poiché non si sente più l'amor di patria, si parla di umanità.
Soffogar la ragione nel sentimento è affogar la causa nell'effetto.
Iddio discende in tutti qualche volta, ma non abita che in pochi o nessuno.
La forza della monarchia è nella ragione pubblica, la quale riconosce la necessità d'un potere permanente ed inviolabile per mantenere l'ordine e la libertà.
L'opera d'arte, se degna del nome, dev'essere come la creatura che la donna ha nel corpo, la quale s'ha a metter fuori non per elezione, ma per necessità.
L'autore deve chiuder bocca, quando apre bocca la sua opera.
L'arte si afferma, crea una nuova e più congrua realtà: sì certo, quella appunto dell'arte, che non si dà chi non sarebbe disposto a barattare contro un minuzzolo di quest'altra vile e spregiata.
L'arte deve proclamare imponenza e bellezza e quindi rappresentare purezza e benessere.
L'arte più perfetta non sta troppo a calcolare, e l'arte elaborata non ha bisogno di star lì a ragionare, sia perché agiamo a somiglianza della natura, sia perché la natura agisce insieme con noi.
Nell'arte, la bellezza non è altro che la bruttezza mitigata.
Tutte le arti contribuiscono all'arte più grande di tutte: quella di vivere.
L'arte di un autore sta nel cancellare.
Alcuni artisti hanno un modo di vivere e un modo di fare arte, per me ne esiste uno solo.
Per lavorare, per creare serenamente un'opera, una grande opera, bisognerebbe non vedere nessuno, non interessarsi a nessuno, non amare nessuno, ma allora per quale ragione fare un'opera?