Siamo stati tutti dei gridi perduti nella notte.
Perché gli uomini combattono per la loro servitù come se si trattasse della loro libertà?
La psicoanalisi non è solo in rapporto alla politica ma è politica, perché è una prassi che s'incentra sulla traduzione. La traduzione non è repressione, ma è il cuore di ogni pratica democratica del desiderio.
Non si può giocare davvero a nessun gioco se si sa in anticipo di vincere sempre.
Coloro che decidono per il suicidio sono uomini che hanno perduto la loro immagine, che hanno incontrato uno specchio in frantumi, che non possono più riconoscersi in nulla. Sono stati spogliati della loro stessa immagine.
L'insicurezza dell'essere umano è parte integrante della sua natura e della sua disperazione.
Quanti progetti fattibili sono abortiti nello sconforto, e sono stati strangolati alla loro nascita da una vile immaginazione.
Quando il dolore si trasforma in disperazione l'educatore deve offrire la sua capacità di ascolto, il suo conforto, la sua parola. Esserci.
Ma che paese è questo dove gli unici che hanno ancora qualche speranza vengono chiamati disperati?
Solo uno spirito disperato può raggiungere la serenità, e per essere disperati bisogna aver molto vissuto e amare ancora il mondo.
I ritorni sono un susseguirsi di speranze velate di disperazione.
La nostra natura ci spinge a reggerci in piedi da soli, per quanto disperati possiamo essere.
Spesso la disperazione ha vinto le battaglie.
La disperazione stessa, per poco che duri, diventa una sorta d'asilo nel quale ci si può sedere e riposare.
Il suo sconforto aveva un'aria teatrale, come capita spesso quando lo sconforto è autentico.