Ogni criminale è il boia di se stesso.
Non avere niente che ci infiammi e ci sproni, niente che metta alla prova la nostra fermezza d'animo con le sue minacce e i suoi assalti, ma giacere in una tranquillità imperturbata non è quiete: è apatia.
Ecco una gran cosa, avere la debolezza di un uomo e la tranquillità di un dio.
La sorte produce spesso mediocrità destinate alla massa, ma alle cose straordinarie dà pregio il fatto stesso di essere rare.
Chi ha paura di essere ingannato insegna a ingannare e i suoi sospetti autorizzano ad agire disonestamente.
È proprio una vergogna per un individuo assennato che il rimedio al dolore sia la stanchezza di soffrire: è meglio che sia tu a lasciare il dolore, non il dolore te.
Nel crimine c'è dell'eroismo, come nella virtù. Il vizio e l'infamia hanno i propri altari e la propria religione.
Tutti possiamo essere spregevoli. Ognuno di noi porta con sé un crimine commesso o un crimine che l'anima gli chiede di commettere.
Se i criminali agissero sempre secondo un orario ben preciso, come i treni, sarebbe certo molto comodo.
La lotta alla criminalità organizzata è molto difficile, perché la criminalità è organizzata, ma noi no.
Criminali. Gente che pensa male dei carabinieri, e di cui i carabinieri pensano peggio.
Un crimine che riporta successo e fortuna è chiamato virtù.
Il crimine è una sorta di malattia e dovrebbe essere trattato come tale.
Spogliato delle razionalizzazioni etniche e delle pretese filosofiche, un crimine è una qualunque cosa, che chi comanda, proibisce.
Occorre fare attenzione a non lasciare che i crimini commessi da singole persone o da piccoli gruppi ci facciano cadere nella trappola delle "generalizzazioni", in modo che questi atti condizionino il nostro modo di guardare a intere popolazioni, intere regioni e religioni.
Un crimine generalizzato diviene ben presto un diritto.