Il qualunquismo è una tara congeniale alla nostra cultura.
L'ambiguità delle nostre lingue, la naturale imperfezione dei nostri idiomi, non rappresentano il morbo postbabelico dal quale l'umanità deve guarire, bensì la sola opportunità che Dio aveva dato ad Adamo, l'animale parlante.
Non sono le notizie che fanno il giornale, ma il giornale che fa le notizie.
Bello era un valore, doveva coincidere col buono, col vero e con tutti gli altri attributi dell'essere e della divinità.
Tutti possono dire cose sbagliate, basta che le ragioni siano giuste.
Io vado a letto tardi perché leggo Kant.
Quando la protesta, interpretando così a fondo i sospetti dell'uomo medio, si esercita contro tutto, siamo nel pieno di quella tecnica demagogica che si chiama qualunquismo.
Il qualunquismo perde sempre, anche se spesso genera un qualunquismo nuovo; perde perché, credendosi supremamente naturale, invece è contro natura.