L'eroe è sempre quello che resta, e il colpevole chi abbandona il campo.
Che cosa rende eroici? Muovere incontro al proprio supremo dolore e insieme alla propria suprema speranza.
Eroe è uno che sta di fronte a tanti. Nella guerra moderna questa posizione viene raggiunta, al più, dal pilota di un bombardiere, uno che sta addirittura al di sopra di tanti.
Tutti son buoni a far gli eroi con la pelle degli altri.
Conobbi un uomo che all'ora della sveglia balzava subito dal letto e faceva un bagno freddo. Ma questo eroismo non serviva a nulla perché, dopo il bagno, doveva saltare di nuovo dentro al letto per scaldarsi.
L'adorazione dell'eroe è più forte dove c'è meno riguardo per la libertà umana.
I veri eroi sono quelli che ogni giorno si alzano dal letto e affrontano la vita anche se gli hanno rubato i sogni e il futuro. Quelli che alzano la saracinesca di un bar o di un'officina, che vanno in un ufficio, in una fabbrica. Che non lottano per la gloria o per la fama, ma per la sopravvivenza.
Alle opere veramente preziose si perviene soltanto tramite la mediazione di questo sforzo antieconomico (lo sport), i cui sublimi risultati sono: la creazione scientifica e artistica, l'eroismo politico e morale, la santità religiosa.
Ci si dimentica sempre che un eroe è un uomo, soltanto un uomo, e che resistere a una tirannia, subire sevizie, languire per anni in una cella senz'aria né luce è a volte più facile che battersi nell'equivoco e nelle lusinghe della normalità.
Se l'eroismo non contasse sacrificio sarebbe un affare di ordinaria amministrazione.
Gli eroi sono eroi perché il loro comportamento è eroico, non perché vincano o perdano.