Il teatro è sempre stato importante per la mia psiche.
Vivere in una piccola città non è sempre idilliaco: ci si sente in trappola e si è maggiormente consapevoli delle ipocrisie della società.
Teatro popolare è uno slogan vuoto che ha senso solo se lo spazio diventa davvero popolare, se la gente avverte che stai lavorando in una certa direzione e non, pardon, per farti le pippe.
A due anni mi portarono in scena dentro uno scatolone legata proprio come una bambola perché non scivolassi fuori. E così il mio destino fu segnato. Da "Pupatella" attraverso la poupée francese, divenni per tutti "Pupella" nel teatro e nella vita.
Noi del tribunale siamo fortunati, abbiamo un posto in prima fila nel teatro della vita.
Sono convinto che uno spettacolo teatrale sia bello se visto dal vivo, la sua registrazione invece è molto meno interessante.
Viva il teatro, dove tutto è finto e niente è falso.
In un film l'imbecille non può fare che la parte di un imbecille, a teatro si può nascondere, in tv viene fuori subito.
Ho sempre rifiutato le offerte teatrali, perché ritengo che il vero attore sia quello di teatro, che apre il palcoscenico e, se sbaglia una sillaba, viene buttato fuori dal pubblico. Nel cinema, al quarantesimo ciak, anche una scimmia riesce a far bene la scena.
In teatro abbiamo le parole. E le parole hanno uno spazio, rimangono nell'aria. Si possono ascoltare, sentire, possiamo sperimentare il loro peso. Nel cinema, però, le parole sono relegate ad un secondo livello che le assorbe.
In teatro il corpo deve essere sempre concentrato su tutto. Devi sempre sapere dove sono i tuoi piedi. Non è possibile concentrarsi su un particolare, bisogna mantenere tutto il personaggio in maniera costante.
Il cinema dovrebbe farti dimenticare che sei seduto in un teatro.