Non sanno di cercare la caccia e non la preda.
Per fare di un uomo un santo occorre solo la grazia. Chi dubita di questo non sa cosa sia un santo né cosa sia un uomo.
È un gran vantaggio la nobiltà, perché a partire dai diciotto anni mette un uomo sul candeliere, lo rende conosciuto, rispettato: cose che un altro potrebbe ottenere con i suoi meriti solo a cinquant'anni. Sono trent'anni guadagnati senza fatica.
In una parola, l'uomo sa di essere miserabile: è dunque miserabile, poiché lo è; ma è ben grande, poiché lo sa.
Sono pochi i veri cristiani. Dico proprio riguardo alla fede. Ce ne sono certo che credono, ma per superstizione. Ce ne sono che non credono, ma per libertinaggio. Pochi tra le due categorie.
La natura ha delle perfezioni per dimostrare che essa è l'immagine di Dio e ha dei difetti per mostrare che ne è solo un'immagine.
Da noi, chi segue con lo sguardo il volo leggiadro dell'allodola, si precipita sulla doppietta. Conosce l'animale soltanto colui che la stermina.
La caccia e la boxe appartengano alla macelleria, non allo sport.
La caccia non è una forma naturale della lotta per l'esistenza, ma un ritorno volontario allo stato selvaggio.
Quando tutti gli animali impareranno a sparare? Quando diventerà pericoloso per ogni cacciatore sparare?
Il diritto di uccidere un cervo o una mucca è l'unica cosa sulla quale l'intera umanità sia fraternamente concorde, anche nel corso delle guerre più sanguinose.
Hanno detto che la caccia è immagine della guerra; e in effetti i contadini, i cui campi vengono devastati, devono senz'altro convenire sull'adeguatezza del confronto.
Si può essere contrari alla caccia, ma per coerenza bisogna anche battersi contro la pesca: perché il merluzzo impigliato nella rete o la trota con un amo in bocca non sono più allegri del coniglio che aspetta la botta sul collo.
La caccia non è che un atto inumano e sanguinario, degno solamente di selvaggi e di uomini che conducono una vita senza coscienza, che non si armonizza con la civiltà e col grado di sviluppo a cui noi ci crediamo arrivati.
Il vero cacciatore ama gli animali a cui dà la caccia, forse anche perché li considera complici di questo gioco in cui ritrova la sua origine esistenziale. Non spara, per esempio, sul bersaglio fermo: lo considera sleale.
Quell'amore che ha l'uomo cacciatore per ciò che è vivo e non sa esprimerlo altro che puntandovi il fucile.