I traduttori sono pagati male e traducono peggio.
Ogni movimento rivoluzionario è romantico, per definizione.
La religione è la più gigantesca utopia, cioè la più gigantesca "metafisica" apparsa nella storia.
Spesso chi vuole consolare, essere affettuoso ecc. è in realtà il più feroce dei tormentatori. Anche nell'"affetto" bisogna essere soprattutto "intelligenti".
Gli intellettuali sono i 'commessi' del gruppo dominante per l'esercizio delle funzioni subalterne dell'egemonia sociale e del governo politico.
Alcuni traduttori si occupano di ogni cosa, positivamente di ogni cosa, meno che di quella che l'autore del testo originale intendeva dire.
Quando s'intraprende una traduzione, occorre scegliere l'autore come si sceglierebbe un amico, ossia di gusto conforme al proprio.
Il traduttore è con evidenza l'unico autentico lettore di un testo. Certo più d'ogni critico, forse più dello stesso autore. Poiché d'un testo il critico è solamente il corteggiatore volante, l'autore il padre e marito, mentre il traduttore è l'amante.
L'originale è infedele alla traduzione.
La cosa più difficile da tradurre: non il dialogo, la descrizione, bensì i brani riflessivi. Se ne deve mantenere l'esattezza assoluta, ma al tempo stesso anche la bellezza.
La traduzione delle opere letterarie, o sono fedeli e non possono essere se non cattive, o sono buone e non possono essere se non infedeli.
Non è necessario conoscere una lingua per tradurla, perché si traduce soltanto per persone che non la conoscono.
Guai a quelli che fanno traduzioni letterali, e traducendo ogni parola snervano il significato. È ben questo il caso di dire che la lettera uccide e lo spirito vivifica.
Tradurre in un'altra lingua un'opera della lingua vuol dire che uno si toglie la pelle, passa il confine e là indossa il costume del paese.