Cinema. Prigione per gli occhi.
L'arte vola attorno alla verità, ma con una volontà ben precisa di non bruciarsi.
L'amore non è un problema, come non lo è un veicolo: problematici sono soltanto il conducente, i viaggiatori e la strada.
Ogni rivoluzione evapora, lasciando dietro solo la melma di una nuova burocrazia.
Tutto è in gioco. Voi vedete più di me. Io sono nelle mie stanze, ma so che il tempo si fa sempre più grigio e torbido. Questa volta abbiamo un autunno più che mai triste.
Gli uomini diventano cattivi e colpevoli perché parlano e agiscono senza figurarsi l'effetto delle loro parole e delle loro azioni. Sono sonnambuli, non malvagi.
Il cinema ha questo di salutare: anche se la voglia originaria si è dileguata, la realizzazione comporta una tale serie di problemi concreti che vai avanti a fare la cosa senza renderti conto di non ricordarla più. Il film lo giri senza sapere esattamente di che si tratta.
La fotografia è verità, e il cinema è verità ventiquattro volte al secondo.
Il cinema è solo una moda passeggera. È il dramma in lattina. Il pubblico vuole vedere storie di carne e di sangue rappresentate in palcoscenico.
Il cinema mi ha reso uno specialista del nulla. È l'onniscienza del regista: la specializzazione in nulla.
È vero il mio film Hugo Cabret è una lettera d'amore al cinema. In esso si intrecciano immaginazione, sogni e magie attraverso la storia e la riabilitazione di Georges Méliès, il secondo pioniere del cinema, dopo i fratelli Lumière.
Il cinema sonoro non soppianterà mai il cinema muto.
I cinematografi: supermercati che vendono amore e paura.
Se un remake non è buono, nessuno vorrà vederlo. E, ribadisco, non fa mai del male al film originale.
Cinema. Arte figurativa in movimento.
Ho sempre rifiutato le offerte teatrali, perché ritengo che il vero attore sia quello di teatro, che apre il palcoscenico e, se sbaglia una sillaba, viene buttato fuori dal pubblico. Nel cinema, al quarantesimo ciak, anche una scimmia riesce a far bene la scena.