Gli amori non finiscono col tempo. Cambiano forma, scavando nuove profondità. E se ci lasciano non è perché sono durati troppo, ma perché a un certo punto hanno incontrato il vuoto.

Massimo Gramellini
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La nostra interpretazione

Il tempo, di per sé, non è il vero responsabile della fine di un legame. I sentimenti non si esauriscono semplicemente perché passano gli anni; si trasformano, cambiano intensità, direzione, linguaggio. Un amore può smettere di assomigliare a ciò che era all’inizio, ma questo non significa automaticamente che sia morto: spesso assume forme nuove, più profonde, più silenziose, meno appariscenti, che scavano dentro la persona e la costringono a conoscersi meglio. La durata non è garanzia di autenticità, né la fine è sempre un fallimento. Quando una relazione si spezza, il vero motivo sta in uno spazio interiore che si è svuotato: mancanza di senso, di presenza, di corrispondenza, di cura. È l’incontro con questo vuoto che spezza il filo, non il semplice logorarsi dei giorni. L’amore continua a esistere finché trova luoghi interiori in cui radicarsi; quando invece inciampa in una zona arida, senza nutrimento emotivo, allora si ritira, lasciando dietro di sé nostalgia, rimpianto e, talvolta, una nuova consapevolezza. Così, ciò che chiamiamo “fine” è spesso il momento in cui emerge la verità di ciò che c’era – o di ciò che, in realtà, non c’è mai stato davvero.

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