Spesso provo la sensazione di essere l'impiegato di me stesso.
La letteratura normale è solo mondo esteriore, la poesia è solo mondo interiore. Nel mio modo di scrivere ci sono entrambe le cose. Io sono un epico lirico.
Felicità e contemporaneamente la sensazione, terrorizzante, che si tratti solo di un'eccezione.
Una narrazione che non passa attraverso l'io dell'autore non è letteratura ma solo un semplice prodotto.
Il mio passato: quando è stato bello, rammento la situazione; quando è stato brutto, rammento me stesso.
Mi spezzo ma non m'impiego.
Gli impiegati stanno al sicuro, i creativi su qualche ciglio di burrone che è proprio il posto loro, naturalmente.