Siamo diventati dei "tossicodipendenti" della crescita.
Quando la finitezza della condizione umana è percepita come alienazione e non come fonte di senso, si perde qualcosa di infinitamente prezioso in cambio del perseguimento di un sogno puerile.
La nostra società ha legato il suo destino a un'organizzazione fondata sull'accumulazione illimitata. Questo sistema è condannato alla crescita. Non appena la crescita rallenta o si ferma è la crisi, il panico.
La decrescita è uno slogan politico con implicazioni teoriche, una "parolabomba", come dice Paul Ariès, che vuole far esplodere l'ipocrisia dei drogati del produttivismo.
Essere dipendenti vuol dire essere poveri, essere indipendenti vuol dire accettare di non arricchirsi.
Crescere significa andare oltre la recitazione di un ruolo e riempire i buchi della personalità in modo da reintegrare la persona nella sua totalità.
Passo dopo passo si coglie la crescita, che si attua sempre in ossequio alla decisa legge del destino, sfruttando le occasioni di nascita e di visione che la dea madre sempre benevola offre.
A volte il semplice fatto di stare con una persona ti aiuta a crescere.