Il guaio di chi ama tutti in generale è che non ama nessuno in particolare.

Claudio Lamparelli
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La nostra interpretazione

Quando il sentimento è rivolto indistintamente verso tutti, perde spesso profondità, corpo e responsabilità. Un affetto che si proclama universale rischia di restare astratto, generico, senza radici nella concretezza delle relazioni. Amare davvero qualcuno, invece, significa riconoscerlo nella sua unicità, prendersi cura delle sue fragilità, accettare conflitti e limiti, esporsi al rischio del rifiuto e della sofferenza. Un amore rivolto a tutti allo stesso modo evita il coinvolgimento autentico, perché non obbliga a scegliere, a impegnarsi, a restare. È un sentimento che consola chi lo prova, ma non nutre davvero nessuno. L’assenza di un “tu” preciso rende l’amore una dichiarazione di principio più che una presenza reale. L’altro diventa una figura indistinta, un’idea di umanità, non un volto concreto con cui intrecciare una storia. Dietro l’apparenza di grande generosità può nascondersi una forma di paura: la paura di legarsi, di compromettersi, di assumere il peso di una relazione vera. Così, nell’illusione di abbracciare tutti, ci si sottrae al compito più difficile e più umano: amare qualcuno in modo singolare, esclusivo, responsabile, lasciando che quell’incontro ci cambi davvero.

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