E' bello andare a teatro ed essere costretti a stare seduti e pensare alla vita. E' un'esperienza quasi religiosa.
Quando in un teatro il loggione è vuoto è segno che la città non ha cervello.
Nel teatro, il regista è Dio, ma sfortunatamente gli attori sono atei.
Il teatro mi ha insegnato a non lasciare spazi vuoti nello spettacolo.
Teatro popolare è uno slogan vuoto che ha senso solo se lo spazio diventa davvero popolare, se la gente avverte che stai lavorando in una certa direzione e non, pardon, per farti le pippe.
Sul palco mi sento davvero a mio agio e mi manca da morire.
Per un attore, fare teatro è quanto di più eccitante ed istruttivo possa esserci.
Quanto è magico entrare in un teatro e vedere spegnersi le luci. Non so perché. C'è un silenzio profondo, ed ecco che il sipario inizia ad aprirsi. Forse è rosso. Ed entri in un altro mondo.
Il teatro è anche finzione solo perché è anzitutto segno.
L'idea che un paesino ruoti intorno al teatro è un modo di fare giusto.
L'osteria nella quale prendo i miei pasti è uno dei luoghi nei quali amo l'Italia. Entrano cani festosi, che nessuno sa di chi sono, bambini nudi con in mano un fiasco impagliato. Mangio, solo come il Papa, non parlo a nessuno, e mi diverto come a teatro.