Scrivere è un artigianato che non conosce maestri, se non in modo imponderabile.— Enzo Siciliano
Scrivere è un artigianato che non conosce maestri, se non in modo imponderabile.
Bisogna prendere speciali precauzioni contro la malattia dello scrivere, perché è un male pericoloso e contagioso.
La scrittura è l'ignoto. Prima di scrivere non si sa niente di ciò che si sta per scrivere e in piena lucidità.
Scrivere è piangere con l'inchiostro, sporcare carta e le idee degli altri. Scrivere è vomitare in pubblico e ridere una pazzia frenata.
Per me scrivere è tirare fuori la morte dal taschino, scagliarla contro il muro e riprenderla al volo.
Per la scrittura io ho fatto tutto, mi sono ridotto persino a vivere.
La scrittura ha cessato di essere la prosa del mondo; le somiglianze e i segni hanno sciolto la loro antica intesa; le similitudini deludono, inclinano alla visione e al delirio; le cose restano ostinatamente nella loro ironica identità: sono soltanto quello che sono.
Penso che la scrittura sia una sorta di identificazione. Soltanto se fai vedere al lettore la scena usando un occhio interno riesci a mantenere la sua attenzione.
Perché scrivo? Per paura. Per paura che si perda il ricordo della vita delle persone di cui scrivo. Per paura che si perda il ricordo di me. O anche solo per essere protetto da una storia, per scivolare in una storia e non essere più riconoscibile, controllabile, ricattabile.
Un conto è demitizzare e un conto è demolire. Il problema è di scrivere atti di cultura per cui ogni uomo sia portato alla consapevolezza quotidiana di se stesso. E poi, creda, l'autobiografismo affrontato sul serio è uno dei pochi modi rimastici per conoscere gli altri.
La parola scritta dovrebbe essere il farsi corpo di un pensiero secondo la necessità naturale e non l'involucro di un'opinione secondo l'opportunità sociale.