Per la poesia la giovinezza non basta: la fanciullezza ci vuole!
È dentro noi un fanciullino che non solo ha brividi, come credeva Cebes Tebano che primo in sé lo scoperse, ma lagrime ancora e tripudi suoi.
Al rio sottile, di tra vaghe brume, guarda il bove coi grandi occhi: nel piano che fugge, a un mare sempre più lontano migrano l'acque d'un ceruleo fiume.
I poeti hanno abbellito agli occhi, alla memoria, al pensiero degli uomini, la terra, il mare, il cielo, l'amore, il dolore, la virtù; e gli uomini non sanno il loro nome.
La poesia, non ad altro intonata che a poesia, è quella che migliora e rigenera l'umanità, escludendone, non di proposito il male, ma naturalmente l'impoetico.
Il dolore del poeta è di così mirabile natura che anche quando il suono ne è triste, l'eco ne è dolce.
Non credete soltanto a ciò che vedete. È più profondo lo sguardo dei poeti. Per loro la Natura è un giardino di casa.
Far poesia vuol dire riconoscersi.
La poesia non nasce da le regole, se non per leggerissimo accidente; ma le regole derivano da le poesie: e però tanti son geni e specie di vere regole, quanti son geni e specie di veri poeti.
Solo i poeti riescono a farsi pagare i propri sogni; il resto dell'umanità sogna senza ricompensa.
Ispirazione per me è indifferenza. Poesia: salute e impassibilità. Arte di tacere. Come la tragedia è l'arte di mascherarsi.
Un sano tirocinio poetico non consiste in altro che nell'imparare ad essere scontenti.
Lui le diceva: "Le poesie non si spiegano, se raggiungono il posto giusto le senti, ti grattano dentro".
Poesia non è altro che un significante di un corpo che non sa di essere morto.
Il poeta è un fingitore. Finge così completamente che arriva a fingere che è dolore il dolore che davvero sente.
Le cose ma anche i gesti, i volti, i paesaggi hanno certo la loro poesia e un pezzo di realtà inquadrato in una cornice vuota è un quadro.