L'operaio non è né tedesco, né italiano, né slavo, né francese, egli è bensì il lavorante del tempio della pace...
Operaio. Sempre onesto, quando non fa sommosse.
Il risultato di questo lungo allenamento è che, mentre il borghese, entro certi limiti, si aspetta di ottenere ciò che desidera, l'operaio si sente sempre lo schiavo di una più o meno misteriosa autorità.
L'operaio è diventato una merce ed è una fortuna per lui trovare un acquirente. E la domanda, da cui dipende la vita dell'operaio, dipende dal capriccio dei ricchi e dei capitalisti.
L'operaio deve considerare il «padrone» un padre, e perciò deve avere stima e fiducia. Un padre non licenzierebbe il proprio figlio perché ha sbagliato. Semmai lo rimprovera. Ma buttarlo a mare non può.
Ciò che resta originario nell'operaio è ciò che non è verbale: per esempio la sua fisicità, la sua voce, il suo corpo. Il corpo: ecco una terra non ancora colonizzata dal potere.
L'operaio è fatto esattamente come ogni altro uomo, e perciò vuole esattamente quel che vogliono gli altri, in quel determinato momento storico: il frigorifero, l'utilitaria, la camicia bianca, la domestica a ore e i film di James Bond.
Borghese vuole dire ciò che l'operaio diventa appena gli si offre la minima opportunità.
Gli operai, e forse soprattutto le loro mogli, aspiravano a essere, o rimanere, rispettati nel loro ambiente. Non erano disposti ad apparire insufficientemente rispettabili o insufficientemente nazionali.
La differenza tra un intellettuale e un operaio? L'operaio si lava le mani prima di pisciare e l'intellettuale dopo.