Prof, ho avuto quello che davvero cercavo.
Non c'è rifugio dalla confessione tranne il suicidio, e il suicidio è una confessione.
Si chiama suicidio ogni morte che risulti mediatamente o immediatamente da un atto positivo o negativo compiuto dalla vittima stessa.
Chi si accorcia di vent'anni la vita, accorcia di altrettanto la paura della morte.
Uno dei miti piú pericolosi è quello secondo il quale chi sta per suicidarsi diventa sempre positivo e generoso e altruista.
A volte ci vuole più coraggio a non suicidarsi che a suicidarsi.
C'è sempre qualcuno che giudica la propria vita tanto intollerabile da pensare che la soluzione migliore sia accelerare il trapasso a un altro livello di esistenza.
Rimuginare su una vita troncata... è già una forma di suicidio... come tante altre.
La presente condizione dell'uomo, obbligandolo a vivere e pensare ed operare secondo ragione, e vietandogli di uccidersi, è contraddittoria. O il suicidio non è contro la morale sebben contro natura, o la nostra vita, essendo contro natura, è contro la morale. Questo no, dunque neppur quello.
Il maggiore torto del suicida è non d'uccidersi, ma di pensarci e non farlo. Niente è più abbietto dello stato di disintegrazione morale cui porta l'idea, l'abitudine dell'idea del suicidio.
Nessuno si uccide. La morte è destino. Non si può che augurarsela, Ippòloco.