Credo che in futuro, ovunque mi trovi al mondo, mi chiederò se a Ngong piove.
Mentre siamo giovani l'idea della morte o del fallimento ci riesce intollerabile; non possiamo neanche a sopportare la possibilità del ridicolo.
Quando hai un compito grande e difficile, qualcosa che è quasi impossibile, se solo ci lavori un po' per volta, un pezzettino ogni giorno, improvvisamente il compito si terminerà da solo.
Gli uomini se ne vanno quando il loro coraggio viene messo alla prova. Di noi ciò che viene messo alla prova è la pazienza, il saper vivere senza di loro.
Io conosco il canto dell'Africa, della giraffa e della luna nuova africana distesa sul suo dorso. Degli aratori nei campi e delle facce sudate delle raccoglitrici di caffè... Ma l'Africa conosce il mio canto?
Perché ti meravigli tanto se viaggiando ti sei annoiato? Portandoti dietro te stesso hai finito col viaggiare proprio con quell'individuo dal quale volevi fuggire.
Perché viaggio?
Viaggiare deve comportare il sacrificio di un programma ordinato a favore del caso, la rinuncia del quotidiano.
Viaggiare è una scuola di umiltà, fa toccare con mano i limiti della propria comprensione, la precarietà degli schemi e degli strumenti con cui una persona o una cultura presumono di capire o giudicano un'altra.
Il vero domicilio dell'uomo non è una casa ma la strada, e la vita stessa è un viaggio da fare a piedi.
Mi sento cittadina del mondo, la mia mente è aperta e desiderosa di assorbire concetti di 1000 culture diverse, imparando e crescendo anche attraverso i miei viaggi.
Ogni cento metri il mondo cambia.
L'anno scorso ho passato 322 giorni in viaggio, ho volato per 350 mila miglia la luna ne dista 250 mila; le cose che tutti odiano del viaggiare per me sono confortanti reminescenze che sono a casa.
Ho appena fatto un giro per il mondo e me ne sono fatto un'opinione molto scarsa.
Oltre le strade sfavillanti c'era il buio, e oltre il buio il West. Dovevo andare.