Internet è il postino dei nostri tempi che nessun cane azzannerà.
Siamo sempre più connessi, più informati, più stimolati ma esistenzialmente sempre più soli.
Quando condividete si forma una community.
I ragazzi non guardano la tv, l'informazione viene da internet e spesso è avariata, è come se vivessero in un mondo irreale.
Google, Twitter e Facebook sono planetarie, hanno per cliente l'intero pianeta, hanno imposto nuove regole per la ricerca, nuovi linguaggi per la comunicazione.
Internet è fantastico e strano: puoi scrivere una lettera e dare ragionevolmente per scontato che verrà letta.
Il web è costruito in gran parte su due economie non monetarie: l'attenzione (il traffico) e la reputazione (i link); entrambe traggono enormi benefici dai contenuti e servizi gratuiti. Ed è facile convertire in contanti una di queste due valute.
Il file-sharing? È grande. E nessuno può farci nulla.
Una nuova idea di politica sta emergendo in una giovane generazione di leader che socializzano attraverso Internet: per loro, categorie significative non sono «destra» e «sinistra», ma «centralizzato e autoritario» e «distribuito e collaborativo». Questo sembra avere un senso.
Sta sempre collegato con qualcosa, manco alla Nasa! O Twister o Facesbuck per parlarci devo pigliare un megafono.
Quando mi trovo alle conferenze sull'informazione tecnologica e la gente dice che la cosa più importante al mondo è fare in modo che le persone possano connettersi alla Rete, io rispondo: "Mi state prendendo in giro? Siete mai stati nei Paesi poveri?".