I dolori sono ignoti, l'amore non si impara, l'ingiunzione che ci chiama ad entrare nella morte rimane oscura. Solo il canto sulla terra consacra e celebra.
— Rainer Maria Rilke
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La nostra interpretazione
Il dolore, l’amore e la morte vengono presentati come realtà fondamentali dell’esistenza umana che restano inaccessibili a ogni tentativo di controllo razionale. Il dolore rimane misterioso: non si limita a essere una sensazione fisica o psicologica, ma un’esperienza che sfugge a una piena comprensione e non si lascia chiudere in spiegazioni semplici. L’amore non si acquisisce come una competenza o una tecnica: emerge, travolge, sorprende, è un dono o una chiamata, non il risultato di un apprendimento graduale. Anche la morte si manifesta come un appello oscuro, una soglia verso cui siamo inevitabilmente spinti senza sapere davvero che cosa significhi oltrepassarla.
In mezzo a questi enigmi si staglia il canto, inteso come espressione poetica, artistica, spirituale. Sulla terra esso diventa l’unico atto capace di consacrare l’esperienza e di darle una forma degna. Pur non svelando completamente il mistero, la parola poetica illumina, raccoglie e trasfigura dolore, amore e finitudine. Il canto non elimina l’oscurità, ma la rende sopportabile, trasformando la vulnerabilità umana in qualcosa di celebrato e riconosciuto. Attraverso questa celebrazione, la vita viene resa significativa proprio nel suo limite, e gli aspetti più insondabili dell’esistenza trovano una dimora simbolica che permette di abitarli senza ridurli o negarli.
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