Chi va al mare torna impietrito.— Tomas Tranströmer
Chi va al mare torna impietrito.
Un mattino di giugno, troppo presto, per svegliarsi, troppo tardi per riprendere sonno.
Va' in silenzio come una pioggia, incontro alle sussurranti foglie. Senti l'orologio del Cremlino.
Una donna stende il bucato nel silenzio. La morte è senza vento.
Imparavo che la terra era viva e che esisteva un mondo infinitamente grande che strisciava e volava e viveva la sua ricca vita senza curarsi minimamente di noi.
Sotto il punto volteggiante della poiana avanza rotolando il mare fragoroso nella luce, mastica ciecamente il suo morso di alga e soffia schiuma sulla riva.
Al mare si sta fermi; movenze del gabbiano che affronta il vento. Vita sospesa.
Il mare non è mai stato amico dell'uomo. Tutt'al più è stato complice della sua irrequietezza.
Ci vorrebbe un mare dove naufragare come quelle strane storie di delfini che vanno a riva per morir vicini e non si sa perché... come vorrei fare ancora, amore mio, con te.
Quale mondo giaccia al di là di questo mare non so, ma ogni mare ha un'altra riva, e arriverò.
Il mare è un antico idioma che non riesco a decifrare.
Acqua, energia e cibo. Devi fare l'economia. In mare non puoi portare l'opulenza di tutti i giorni.
Il mare non ha paese nemmen lui, ed è di tutti quelli che lo stanno ad ascoltare, di qua e di là dove nasce e muore il sole.
Sabbia a perdita d'occhio, tra le ultime colline e il mare - il mare - nell'aria fredda di un pomeriggio quasi passato, e benedetto dal vento che sempre soffia da nord. La spiaggia. E il mare.
Cielo e mare sono come due specchi che di giorno si riflettono e di notte si ascoltano.
Sii sempre come il mare che infrangendosi contro gli scogli, trova sempre la forza di riprovarci.