Il divismo aveva un senso negli anni Cinquanta, oggi sarebbe ridicolo.
Sopporto qualunque cosa, anche un torto, purché la persona che ho davanti mi voglia bene.
Nella vita ho sempre paura di essere ferita. Forse è una protezione inconscia, mi circondo di persone di cui so che posso fidarmi. I miei più cari amici li conosco da vent'anni, ho estrema fiducia in loro, mi fanno stare bene.
Ogni religione altrui oscilla tra il ridicolo e il diabolico.
Il vecchio Dostojevskij dice "la bellezza ci salverà". Io direi "il senso del ridicolo". Se ritroviamo il senso del ridicolo siamo salvi.
Preferisco il ridicolo di scrivere poesie al ridicolo di non scriverne.
La volontà forte e la nullità di potere in chi sente una passione politica lo fanno sciaguratissimo dentro di sè: e se non tace, lo fanno parere ridicolo al mondo; si fa la figura di paladino da romanzo e d'innamorato impotente della propria città.
Andiamo per il mondo portando una certezza in cui si scioglie ogni nostra timidezza, fino a condurci oltre alla soglia del ridicolo.
Tra l'avere la sensazione che il mondo sia una cosa poco seria e il muovercisi dentro perfettamente a proprio agio, esiste la stessa differenza che c'è tra l'avere il senso del comico e l'essere ridicoli.
Siamo umani, quindi pieni di cose anche ridicole, ma il grosso del lavoro del regista e dello sceneggiatore è proprio la bottega, la fatica divertente che è raccontare.
Con un piede da questa parte e l'altro poggiato sull'infinito, mi sembra quasi di essere un ponte gettato fra le due età e sotto di me scorre l'universo come fluida materia che seco travolge impetuosamente il ridicolo delirio dell'uomo di volersi imporre o sottrarre a decreti che lui stesso ignora.
Un uomo che si rende ridicolo quando è ubriaco non possiede l'arte dell'ubriacarsi.
Preferisco essere fedele a me stesso, anche a rischio di incorrere nel ridicolo, piuttosto che essere falso, e di sostenere la mia avversione personale.