Uno scrittore che tiene un diario lo usa per registrare ciò che sa; nelle poesia e nei racconti mette quello che non sa.
Una letteratura disperata è una contraddizione in termini.
Malgrado tutto, i letterati rimangono persone di qualità intellettuale, e ignorare certi libri, certe peculiarità della scienza letteraria, resterà sempre, quand'anche si tratti di un uomo di genio, un segno di rozzezza intellettuale.
Il mondo può benissimo fare a meno della letteratura. Ma ancor di più può fare a meno dell'uomo.
La vera letteratura non è quella che lusinga il lettore, confermandolo nei suoi pregiudizi e nelle sue insicurezze, bensì quella che lo incalza e lo pone in difficoltà, che lo costringe a rifare i conti col suo mondo e con le sue certezze.
Il più grande capolavoro letterario non è altro che un vocabolario in disordine.
Lo svantaggio della grande letteratura sta nel fatto che ogni stronzo ci si può identificare.
La letteratura non è espressione, ma provocazione.
La letteratura come professione è distruttiva: si deve avere più paura delle parole.
In principio era la copia per recensione, e uno la riceveva dall'editore. Poi scriveva una recensione. Poi scriveva un libro, che l'editore riceveva e rispediva come copia per recensione. Il prossimo a cui arrivava faceva lo stesso. Così è nata la letteratura moderna.
Finché c'è al mondo un bimbo che muore di fame, fare letteratura è immorale.