Televisione. Una metafora della morte dell'intimità.
La violenza tra i giovani è un aspetto del loro desiderio di creare. Non sanno come usare la loro energia in modo creativo, così si comportano diversamente e distruggono ogni cosa.
Gli esseri umani sono accumuli di energia, masse di acetone in forma di carne, ed è più facile concentrare questa energia per distruggere, dato che creare è così difficile visto che richiede cervello e immaginazione.
L'arte è pericolosa. È una delle sue attrattive: quando cessa di essere pericolosa, tu non la vuoi.
Qui c'è tutta la vita, ma sembra che lo Spirito Santo sia da qualche altra parte.
La violenza genera violenza.
La televisione è una ladra di tempo. Quando i bambini la guardano ininterrottamente per ore, non fanno molte cose che sul lungo periodo possono essere assai più importanti dal punto di vista del loro sviluppo.
Il funerale di Kennedy rivelò il potere della tv di coinvolgere un'intera popolazione in un processo rituale. In confronto i giornali, i cinema e persino la radio sono soltanto congegni per produrre beni di consumo.
Odio la televisione. La odio come le noccioline. Ma non riesco a smettere di mangiar noccioline.
La televisione è più interessante delle persone. Non fosse così, dovremmo avere persone agli angoli delle nostre stanze.
La televisione, al contrario del cinema (e del teatro), fa di tutto per impedirti di pensare. E ci riesce.
La TV ha grande capacità divulgativa, ma spessore minimo.
Abituati ad una TV accesa che ci pare spenta, ci pesa la gente che si accontenta da casa e non si addormenta, ma si gasa, commenta, e segue attenta 'sto scempio mentre lo share aumenta!
La televisione è un medium di massa, e come tale non può che mercificarci e alienarci.
Chiunque sia collegato alla produzione televisiva deve avere una patente, una licenza, un brevetto, che gli possa essere ritirato a vita qualora agisca in contrasto con certi principi.
Nei salotti TV figuranti stolti fanno più ascolti di molti programmi colti, tant'è che tanti li han tolti dando potere a spalti di giudicanti.