È il mondo lo spazio in cui giochiamo la nostra identità.
Mandata da Dio per la salvezza del mondo, la Chiesa è fatta per camminare, non per sistemarsi.
I poveri sono il luogo teologico dove Dio si manifesta e il roveto ardente e inconsumabile da cui Egli ci parla.
L'amore è sempre santo, perché le sue vampe partono dall'unico incendio di Dio.
Non dobbiamo vergognarci della nostra malattia. Non è qualcosa da tenere nascosta. È, come dire, quella parte della nostra carta d'identità che ci fa rassomigliare di più A Gesù Cristo. È una tessera di riconoscimento incredibile, straordinaria.
I poveri hanno un grande potenziale evangelizzatore da darvi.
La risposta al fenomeno non si trova nel multiculturalismo che ha la pretesa di mettere nazionalità, culture e religioni le une affianco alle altre come tante identità isolate e giustapposte.
Il Centro della politica non è un luogo astratto ma è un progetto per il futuro, un'idea, un percorso, un metodo, una storia, un'identità.
E così, conferendo al nulla un potere semantico che si irradia a distanza fino a significare qualsiasi cosa, la moda risolve a buon prezzo problemi di identità che pongono fine all'angosciante interrogativo: «Chi sono?».
Parlare di identità culturale non significa ripiegarsi o rinchiudersi, ma si tratta di non sfigurare il proprio volto: senza volto infatti non ci si incontra.
Una sicura società pluralistica richiede comunità che siano istruite e che confidino sia nella identità e nella profondità delle proprie tradizioni come in quelli dei loro vicini.
L'identità di un uomo consiste nella coerenza di ciò che fa e di ciò che pensa.
L'Europa può avere un'identità solo in quanto e unita; e può essere qualcosa di unito solo in quanto ha un'identità.
Dobbiamo chiederci chi è un clandestino, uno che non ha il permesso di soggiornare in un paese. E' una persona senza futuro perché non ha un'identità da rivendicare. Diventa una presenza illegale, illegittima. E' qui, ma al tempo stesso non è qui. Vive su una soglia. E' una "non persona".
Il vincolo religioso è stato realmente l'incunabolo da cui è scaturita la prima coscienza di una identità italiana.