È il mondo lo spazio in cui giochiamo la nostra identità.— Antonio Bello
È il mondo lo spazio in cui giochiamo la nostra identità.
I poveri sono il luogo teologico dove Dio si manifesta e il roveto ardente e inconsumabile da cui Egli ci parla.
Mandata da Dio per la salvezza del mondo, la Chiesa è fatta per camminare, non per sistemarsi.
Il viaggio più serio è quello che porta all'incontro con Dio.
Il viaggio più lungo è quello che conduce alla casa di fronte.
Dio è presente nel cuore di tutti, se non come presenza, almeno come nostalgia.
La principale speranza di armonia nel nostro tormentato mondo risiede nella pluralità delle nostre identità, che si intrecciano l'una con l'altra e sono refrattarie a divisioni drastiche lungo linee di confine invalicabili a cui non si può opporre resistenza.
La risposta al fenomeno non si trova nel multiculturalismo che ha la pretesa di mettere nazionalità, culture e religioni le une affianco alle altre come tante identità isolate e giustapposte.
Nella storia dei popoli non esistono formule create in laboratorio: la purezza identitaria o il meticciato. La storia è complessa e crea non solo meticci, ma culture meticce.
Quando ti fermi tutta la tua identità è in frantumi. E' come la morte.
Un'identità forte è una finestra sul mondo, capace di includere in sé anche le altre. Se è debole, invece, si limita a glorificare se stessa, rinchiudendosi nei confini del localismo.
Nei fatti stessi non si trova mai una contraddizione né un'identità.
Ogni essere umano ha centinaia di persone separate che vivono sottopelle. Il talento di uno scrittore è la sua abilità di dare a ognuno di loro un nome, un'identità, una personalità e una relazione con tutti gli altri personaggi con cui vive.
La religione non è, né può essere, l'identità omnicomprensiva di un individuo.
Il Centro della politica non è un luogo astratto ma è un progetto per il futuro, un'idea, un percorso, un metodo, una storia, un'identità.
Quando sei giovane, sei in cerca della tua identità e vincere è un modo per esprimerti. Quando perdevo volevo morire. E poiché con la vittoria diventavo qualcuno, di conseguenza, nella sconfitta non ero nessuno.