Se dipende da noi compiere le azioni belle e quelle brutte, e analogamente anche il non compierle, e se è questo l'essere buoni o cattivi, allora dipende da noi l'essere virtuosi o viziosi.
Nulla di ciò che è per natura può assumere abitudini ad essa contrarie: per esempio, la pietra che per natura si porta verso il basso non può abituarsi a portarsi verso l'alto, neppure se si volesse abituarla gettandola in alto infinite volte.
Gli uomini diventano filosofi perché sono dotati della capacità di meravigliarsi.
Chiunque può arrabbiarsi: questo è facile. Ma arrabbiarsi con la persona giusta, e nel grado giusto, ed al momento giusto, e per lo scopo giusto, e nel modo giusto: questo non è nelle possibilità di chiunque e non è facile.
Esercitare liberamente il proprio ingegno, ecco la felicità.
Non s'ha da cercare se l'anima e il corpo sono uno, come non lo si fa per la cera e la impronta.
Il libero arbitrio resterebbe inefficace senza l'aiuto continuo della grazia di Dio.
Presupponendo il libero arbitrio ogni ragione umana sarebbe un miracolo inspiegabile, un effetto senza causa.
Il determinismo è dannoso solo per quella morale che crede al libero arbitrio come presupposto della moralità, crede alla "responsabilità".
In base al concetto empirico di libertà diciamo: "Io sono libero se posso fare ciò che voglio", e con questo "ciò che voglio" la libertà è già definita. Ma, dato che cerchiamo la libertà del volere, la domanda andrebbe formulata così: "Puoi anche volere ciò che vuoi?
Non abbiamo oggi più alcuna pietà per il concetto di "libero arbitrio": lo sappiamo anche troppo bene che cosa sia, il più malfamato trucco dei teologi che sia mai esistito, mirante a rendere l'umanità "responsabile" nel senso loro, ossia renderla a essi soggetta.
La virtù dipende da noi, e così pure il vizio. Infatti, nei casi in cui dipende da noi l'agire, dipende da noi anche il non agire, e in quelli in cui dipende da noi il non agire, dipende da noi anche l'agire.
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