L'attenzione precisa ai fatti è una necessaria premessa di democrazia.
La tradizionale versione apocalittica di una fine del mondo, con i suoi immani cataclismi che investono tutti, è anche rassicurante, perché permette di sovrastare l'angoscia della propria morte con l'immagine di una morte universale, di roghi e diluvi che bruciano e sommergono ogni cosa.
La cultura del «parliamone» rischia talvolta di tradursi in una verbosa retorica, in un'involontaria e involontariamente comica parodia della democrazia.
Ognuno è un ex di qualcosa, anche se non sa di esserlo.
La libertà più irriducibile alla deformazione ideologica è la stessa esistenza dell'individuo nel suo giore e nel suo patire.
Schnitzler è il tipico scrittore che fonde compassione e nichilismo in una visione desolata, in una cartella clinica della condizione umana in cui anche la storia e la politica appaiono maschere illusorie degli istinti e del destino.
Dire che un fatto è stato simultaneamente constatato da migliaia di testimoni, è come dire che il fatto è, in generale, molto diverso dalla versione accertata.
Le versioni dei fatti le modifichiamo continuamente, per non annoiarci.
Dove tuona un fatto, siatene certi, ha lampeggiato un'idea.
Se è un miracolo, ogni tipo di testimonianza sarà sufficiente; ma se è un fatto, la prova è necessaria.
Chi ricerca nei fatti l'influenza reale esercitata dalle leggi sulla sorte dell'umanità è esposto a grandi delusioni, perché non vi è niente di più difficile da valutare di un fatto.
Non vi è niente di più difficile da valutare di un fatto.
Ignorare i fatti non cambia i fatti.
I fatti non ci sono: esistono solo interpretazioni.
I fatti non cessano di esistere solo perché noi li ignoriamo.
Basta con i fatti! Passiamo alle parole!