Non c'è niente di eroico nel vile infierire su chi è più debole.
Ieri come oggi, avere coraggio significa per una donna pensare e scegliere con la propria testa, anche attraverso un silenzio nutrito di idee.
È sempre per un soprassalto dell'immaginazione che si diventa gelosi.
La ricerca non è soltanto funzionale a ciò che si sta cercando; la ricerca contiene in se stessa la ricompensa della sua fatica.
Dopo millenni di odi e di guerre per lo meno dovremmo avere imparato questo: che il dolore non ha bandiera.
Anche oziare, ma con consapevolezza, può essere un'arte.
Vile, tu uccidi un uomo morto.
La storia delle donne è la storia della peggiore forma di tirannia che il mondo abbia conosciuto: la tirannia del debole sul forte. È l'unica tirannia che resiste al mondo.
La paura dei fallimento o del successo è unica è sempre uguale. Entrambi sono la paura di esporre. Non la nostra forza, ma la nostra debolezza.
La disperazione è il dolore dei deboli.
Anche il debole vince il forte nelle cose giuste.
La vertigine potremmo anche chiamarla ebbrezza della debolezza. Ci si rende conto della propria debolezza e invece di resisterle, ci si vuole abbandonare a essa.
Gli uomini arrossiscono meno per i loro crimini che per le loro debolezze e vanità.
Il male è attratto dai più poveri e dai più deboli. Quando Dio colpisce, colpisce il più debole.
La presunzione lavora più forte nei corpi deboli.
L'odio è un tonico, fa vivere, ispira vendetta; invece la pietà uccide, indebolisce ancora di più la nostra debolezza.