Non c'è niente di eroico nel vile infierire su chi è più debole.— Dacia Maraini
Non c'è niente di eroico nel vile infierire su chi è più debole.
Un poeta è uno a cui non interessano le storie, si concentra sulle visioni e lavora sul linguaggio.
È più facile che un cammello entri nella cruna di un ago piuttosto che una donna abbia la forza di essere se stessa, nella sua carne e nei suoi pensieri.
E in una carezza, in un abbraccio, in una stretta di mano a volte c'è più sensualità che nel vero e proprio atto d'amore.
Le parole, dice lo scrittore, vengono raccolte dagli occhi come grappoli di una vigna sospesa, vengono spremuti dal pensiero che gira come una ruota di mulino e poi, in forma liquida si spargono e scorrono felici per le vene. E questa la divina vendemmia della letteratura?
Mantenere la stima di sé è il modo migliore per stare bene con se stessi.
Una comunità è democratica solo quando le persone più umili e più deboli possono godere dei più alti diritti civili, economici e sociali che i più grandi e i più potenti possiedono.
La maternità non è adatta per le deboli di cuore. Rane, ginocchia scorticate e gli insulti delle ragazzine sono fuori dalla portata delle deboli.
Solo i deboli parlano di giustizia.
Bisogna accettare le fragilità come la parte vincente di noi. Tanto Superman non ci è dato esserlo.
La debolezza è più opposta alla virtù di quanto non lo sia il vizio.
Ci sono due generi di debolezza: quella che si piega e quella che si spezza.
Lui dorme, lì, inerme, fiducioso. Indifeso. Nelle mie mani. In balia del primo che passa, e della vita. E la vita è cattiva con chi non può difendersi. È feroce.
Non conviene che il debole abbia lingua audace.
Bisogna portare la responsabilità delle proprie debolezze.
Se resistiamo alle nostre passioni, è merito più della loro debolezza che della nostra forza.