Ciascuno è fabbro della propria fortuna.
L'ambizione, tra tutti i vizi umani, è quella che assomiglia maggiormente a una virtù.
L'animo dei giovani, incostante e malleabile quale è, si lascia facilmente ingannare dalle lusinghe.
In tutte le cose la sorte è padrona e a suo capriccio, più che in base alla verità, le imprese vengono rese illustri oppure oscure.
L'avidità non ama che il denaro, cosa non certo tipica dei saggi; questa forma di avidità è simile ad un veleno mortale; illanguidisce il corpo e l'animo dell'uomo; è sempre inesauribile e insaziabile, né l'abbondanza, né la penuria di mezzi riescono a placarla.
L'invidia viene immediatamente dopo la gloria.
L'uomo che ha Fede è fortunato.
Meglio è vincere il nemico con la fame che col ferro, nella vittoria del quale può molto più la fortuna che la virtù.
Non c'è niente che valga quel che si ha; e si corre un gran rischio d'ingannarsi, quando si fa conto d'una fortuna che un altro vi conserva.
La faccia è la prima cosa che si butta via quando la fortuna ti abbandona, il resto della decadenza segue in tempi più lunghi.
Non è tuo ciò che la fortuna ha fatto tuo.
Bisogna regolarsi con la fortuna come con la salute: goderne quando è buona, pazientare quando è cattiva, e non ricorrere a estremi rimedi che in caso di estremo bisogno.
La fortuna è capricciosa; una negligenza, una disattenzione, un niente può irritarla.
Non si soffre, in effetti, per la mancanza di questi beni, ma per il pensiero della loro mancanza. Chi ha il possesso di sé non ha perso niente: ma quanti hanno la fortuna di possedere se stessi?
Credo, che fu, come si dice appunto, la fallace fortuna a me nemica, che quanto più piacer ci arreca o gioia, tanto maggior dolor ne apporta poi.
La fortuna toglie pochissimo a colui cui ha dato pochissimo.