Avere settant'anni non è peccato.— Golda Meir
Avere settant'anni non è peccato.
Questa continua dicotomia interiore, questa duplice polarità, questa alternante sensazione di dovere incompiuto, oggi nei confronti della famiglia, domani nei confronti del lavoro, questo è il fardello della madre lavoratrice.
Io, quando so di poter cambiare le cose, divento attiva come un ciclone. E, quasi sempre, riesco a cambiarle. Ma, quando so di non poterci far nulla, mi rassegno.
Non siate modesti, non siete abbastanza grandi per esserlo.
Quando conosco qualcuno, io penso sempre che si tratti di una persona perbene e continuo a pensarlo finché non ho la prova contraria. Se ho la prova contraria, poi, non dico che quella persona è cattiva. Dico: è stata cattiva con me.
L'uomo che è detestato a quarant'anni, lo resterà tutta la vita.
Un uomo può avere due volte vent'anni, senz'averne quaranta.
Chi numera gli anni fa conto con la morte.
La giovinezza è uno sproposito; la virilità, una lotta; la vecchiaia, un rimpianto.
I giovani hanno timori esagerati, i vecchi fiducie eccessive.
Si ammette di avere quarant'anni soltanto dopo avere superato i cinquanta.
Procura che la tua amata sia più giovane di te, o il tuo affetto per lei non durerà.
Che me ne faccio di vent'anni in più se poi è già da cinquanta che non riesco a trovare nessuno che non mi faccia cadere le braccia dalla disperazione e dalla noia entro venti minuti?
A trent'anni l'uomo si sospetta uno sciocco. Lo sa a quarant'anni, e riforma il suo programma; a cinquanta rimprovera i suoi tristi indugi, e si sforza di risolvere i suoi propositi di prudenza con tutta la magnanimità del pensiero. Risolve, e risolve ancora, e poi muore lo stesso.
A cinquant'anni si comincia a stancarsi del mondo, e a sessant'anni il mondo si stanca di voi.