Pensare ci rende sensibili alle sfumature dei sentimenti e alle possibilità dell'immaginazione.— Immanuel Kant
Pensare ci rende sensibili alle sfumature dei sentimenti e alle possibilità dell'immaginazione.
È un consueto destino della ragione umana nella speculazione allestire più presto che sia possibile il suo edifizio, e solo alla fine cercare se gli sia stato gettato un buon fondamento.
Ognuno può ricercare la sua felicità per la via che a lui sembra buona, purché non rechi pregiudizio alla libertà degli altri di tendere allo stesso scopo, in guisa che la sua libertà possa coesistere con la libertà di ogni altro secondo una possibile legge universale.
Forse nessun essere umano ha mai potuto fare il proprio dovere, riconosciuto e da lui anche riverito, in modo interamente non egoistico; forse nessuno, anche con la più grande aspirazione, arriverà così lontano.
Lo stato di pace tra gli uomini, che vivono gli uni a fianco degli altri, non è uno stato naturale, il quale è piuttosto uno stato di guerra.
Il pubblico uso della propria ragione deve essere libero in ogni tempo, ed esso solo può attuare l'illuminismo fra gli uomini.
Ci sono in ogni epoca degli individui che non pensano come tutti, cioè che non pensano come coloro che non pensano affatto.
La libertà di pensare è il coraggio di imbattersi nei proprio demoni.
Gli uomini che pensano sempre ciò che dicono hanno il torto di credersi in diritto di dire sempre ciò che pensano.
Chi crede non pensa; chi pensa non crede.
Come può uno diventare pensatore, se non passa almeno una terza parte di ogni giorno senza passioni, uomini e libri?
Pensare non è essere d'accordo o in disaccordo: questo è votare.
Ecco il grande errore di sempre: immaginarsi che gli esseri pensino ciò che dicono.
Nulla fa chi troppe cose pensa.
Il pensare, che era un furore, è diventato un'arte.
Quel che vi è di meglio nel pensiero si aggrappa come edera morta su vecchi mattoni morti.