Non è la voce che comanda la storia: sono le orecchie.— Italo Calvino
Non è la voce che comanda la storia: sono le orecchie.
Aveva questo Marcovaldo un occhio poco adatto alla vita di città: cartelli, semafori, vetrine, insegne luminose, manifesti, per studiati che fossero a colpire l'attenzione, mai fermavano il suo sguardo che pareva scorrere sulle sabbie del deserto.
La conoscenza del prossimo ha questo di speciale: passa necessariamente attraverso la conoscenza di se stesso.
Quella speciale modulazione lirica ed esistenziale che permette di contemplare il proprio dramma come dal di fuori e dissolverlo in malinconia e ironia.
È classico ciò che tende a relegare l'attualità al rango di rumore di fondo, ma nello stesso tempo di questo rumore di fondo non può fare a meno.
Il meglio che ci si può aspettare è di evitare il peggio.
Autentico scrittore non è chi, in un incontro casuale, ci tiene una concione con voce esotica da commensale stravagante, ma chi ci interpella con la stessa voce con cui parliamo a noi stessi nella nostra solitudine.
Un pianoforte può essere visto, la voce no: può essere ascoltata, ed è questo il suo mistero. È lo strumento più affascinante che esista, perché noi siamo lo strumento e noi lo maneggiamo per mezzo di sensazioni interne.
La mia voce è la volontà di Dio,non la mia.
La guancia sua sì bella Più non somiglia un fior: La voce del cantor Non è più quella.
Pepsi la voce della nuova generazione? Se deve essere questa la voce della nuova generazione allora sono proprio contento di essere una vecchia scoreggia.
Ma inumano è pur sempre l'amore di chi rantola senza rancore perdonando con l'ultima voce chi lo uccide fra le braccia di una croce.
La voce smaschera gli intenti, i gesti bassi.
Il silenzio è la voce di un altro alfabeto che ci parla dentro.
L'armonia più dolce è il suono della voce di colei che amiamo.
Si scoprono al telefono le inflessioni di una voce che non si distingue finché non è dissociata da un viso in cui si oggettiva la sua espressione.