La tendenza delle democrazie è, in ogni cosa, alla mediocrità.
Col pretesto di proteggere la morale pubblica, la sta corrompendo profondamente, e mentre simula di sostenere la libertà, sta gradualmente instaurando un dispositivo altrettanto spietato, avido e volgare di quello di qualsiasi cristiano noto.
L'amicizia che scorre dal cuore non può congelarsi nelle avversità, così come l'acqua che scorre dallo spirito non può ghiacciare in inverno.
La stampa tiranneggia gli uomini politici, le lettere, le arti, il palcoscenico e persino la vita privata.
Alle altisonanti dichiarazioni di libertà d'opinione, non si accompagna nessuna tolleranza; all'esibizione di patriottismo alcun sacrificio d'interessi; e malgrado gli stucchevoli panegirici sulla rispettabilità manca troppo spesso ogni decenza.
Il passaggio è quello dalla «democrazia dei partiti» alla «democrazia del pubblico».
Alla più perfetta delle dittature preferirò sempre la più imperfetta delle democrazie.
La democrazia non è qualcosa in cui credi o un posto dove agganciare il tuo cappello, ma è qualcosa che fai. Tu partecipi. Se smetti di farlo, la democrazia va in pezzi.
Il nostro Paese non riesce a conciliare l'autorità del potere con la ricchezza della democrazia.
La democrazia rappresentativa, liberale, borghese, insomma la "democrazia reale" come la conosciamo e la viviamo, e che è attualmente egemone, non è la democrazia. È una finzione. Una parodia. Un imbroglio.
Non sono il candidato cattolico a diventare presidente. Sono il candidato del partito democratico alla presidenza, al quale è anche capitato di essere cattolico.
La democrazia trapassa in nepotismo.
Il marchio delle democrazie è l'imperfezione inquieta; il segno delle autocrazie è l'ignoranza soddisfatta.
La democrazia, diciamolo pure, diffida, a buon diritto, dell'intelligenza. E quindi ha costruito un meccanismo, le elezioni basate sul principio della maggioranza, che necessariamente e coerentemente premia i mediocri.
Una pietra miliare sulla strada della democrazia.