Il principio dei culti è l'orgoglio.— Lautréamont
Il principio dei culti è l'orgoglio.
Ahimè! Che sono dunque il bene e il male! Non forse la stessa cosa, attraverso la quale attestiamo con rabbia la nostra impotenza, e la brama di raggiungere l'infinito attraverso anche i mezzi più insensati? Oppure son due cose differenti?
Tutta l'acqua del mare non basterebbe a lavare una macchia di sangue intellettuale.
La fratellanza non è un mito.
Mi occorrono esseri che mi somiglino, sulla cui fronte la nobiltà umana sia segnata a caratteri più netti e incancellabili!
L'orgoglio è la certezza emotiva della propria grandezza. La vanità è la certezza emotiva del fatto che gli altri in noi vedono, o ci attribuiscono, tale grandezza. I due sentimenti non sono necessariamente uniti, ma per natura non sono neanche opposti. Sono diversi ma coniugabili.
La madre dei peccati era l'orgoglio. L'orgoglio era la faccia femminile di Satana nella razza umana, il silenzioso uovo del peccato, sempre fertile.
"Io ho fatto questo" dice la mia memoria. "Io non posso aver fatto questo" dice il mio orgoglio e rimane irremovibile. Alla fine è la memoria a cedere.
L'orgoglio, l'immancabile vizio degli stupidi.
Le persone si dichiarano orgogliose di essere omosessuali, neri, femmine, bianchi o quel che sia, tutti fatti accidentali della natura. Il vero orgoglio ci distingue, anche se soltanto agli occhi della nostra mente.
L'orgoglio dell'umiltà è la quintessenza della superbia.
Se l'orgoglio richiede che si umilia il nemico, la carità, virtù caratteristica della religione di Cristo, vuole che ci riconciliamo coi nemici.
Molto più che gli interessi è l'orgoglio che ci divide.
Gli uomini orgogliosi imparano in vecchiaia a essere saggi.