La nostra distruzione della natura giustifica quella dell'uomo.
Qualsiasi felicità è un capolavoro: il minimo errore la falsa, la minima esitazione la incrina, la minima grossolanità la deturpa, la minima insulsaggine la degrada.
La carriera del seduttore: tendere insidie sempre uguali, percorrere la solita strada che si limita a perpetui approcci e alla quale la conquista segna il traguardo.
Il piacere è troppo effimero, la musica ci solleva un momento soltanto per poi lasciarci più tristi, ma il sonno è una compensazione. Anche quando ci ha lasciati, abbiamo bisogno di qualche secondo per ricominciare a soffrire.
La meditazione della morte non insegna a morire, non rende l'esodo più facile.
È difficile non credersi superiori, quando si soffre di più.
Il modo più sicuro di distruggere consiste nell'edificare.
Avvelenatore seducente, il progresso maschera sotto clamorosi vantaggi particolari una silenziosa distruzione universale.
La nazione che distrugge il suo suolo distrugge se stessa.
È la fecondità, e non la fornicazione, a distruggere l'universo, è il dovere, e non il piacere.