Mi immagino il paradiso come un posto dove la musica folk si incontra con quella blues.
Chi sa fare la musica la fa, chi la sa fare meno la insegna, chi la sa fare ancora meno la organizza, chi la sa fare così così la critica.
Il fatto che ci sia in giro molta musica potrebbe far sì che un domani negli ascensori degli alberghi, nei bar, in metropolitana ci siano Mozart o Beethoven invece di certe pessime melodie che si ascoltano troppo spesso oggi.
Parlare di musica è come ballare di architettura.
Fortunatamente nella musica non c'è chi vince e chi perde, ma solo tanta voglia di condividere emozioni ed esperienze.
Non conosco nulla di musica. Per uno che fa il mio mestiere non è importante.
La musica che amo mi ricorda un piatto pugliese, riso patate e cozze. Credo nella commistione di generi che non dovrebbero sposarsi, e invece stanno bene insieme: ska, rock, pop, jazz, rap.
Non parlo mai mentre ascolto la musica, o almeno nell'esecuzione di buona musica. Se si ascolta della cattiva musica, è un dovere coprirla con la conversazione.
Niente si può mettere bene in musica che non sia privo di senso.
C'è musica classica talmente bella da diventare popolare e leggera, e c'è musica leggera talmente bella da diventare classica. Quando la musica è bella è bella e basta.
La musica fa suonare anche il legno secco e la pelle d'asino. E rende palpabili i sottili legami fra lo spirito, i corpi, le cose, che non ci stanchiamo mai di cercare, con buona pace dei matematici del benessere sensoriale.