L'uomo risponde della propria ignoranza.
La cosa più difficile da tradurre: non il dialogo, la descrizione, bensì i brani riflessivi. Se ne deve mantenere l'esattezza assoluta, ma al tempo stesso anche la bellezza.
Si pubblicano libri con caratteri sempre più piccoli. Immagino la fine della letteratura: a poco a poco, senza che nessuno se ne accorga, i caratteri rimpiccioliranno fino a diventare completamente invisibili.
Ciò che distingue una persona che ha studiato da un'autodidatta non è la quantità di conoscenza, ma il grado di vitalità e di coscienza di sé.
Lo scrittore che si sforza di sorvegliare le traduzioni dei suoi romanzi corre dietro alle innumerevoli parole come un pastore dietro a un gregge di pecore brade; triste figura ai propri occhi, ridicola agli occhi degli altri.
Sapeva che lei lo amava ed era gelosa. La gelosia non è certo una qualità piacevole, ma se non se ne abusa (se è unita a una certa moderazione) ha in sé, a parte i suoi inconvenienti, anche qualcosa di commovente.
Ammettere la propria ignoranza è un segno di intelligenza.
Studiare insieme mi ha fatto capire che si cresce se si cresce insieme, ci si realizza se ci si realizza insieme, che si è davvero liberi, liberi dall'ignoranza, liberi dal bisogno, liberi dalla violenza, se liberi lo sono anche gli altri.
L'ignoranza è un po' come l'alcool: più se ne ha, meno si percepisce l'effetto.
Il sentimento colma le lacune dell'ignoranza.
È meglio essere ignorante di una cosa piuttosto che apprenderla male.
A un ignorante si può far capire ch'egli è un ignorante; ma come farai per far capire a un imbecille ch'egli è un imbecille?
Una persona non è mai felice se non a prezzo d'una certa ignoranza.
È di un'ignoranza enciclopedica.
L'ignoranza è la madre delle tradizioni.
Non c'è niente di più terribile di un'ignoranza in azione.