Il futuro influenza il presente tanto quanto il passato.— Friedrich Nietzsche
Il futuro influenza il presente tanto quanto il passato.
Noi non attribuiamo particolare valore al possesso di una virtù, finché non ne notiamo la totale mancanza nel nostro avversario.
Vergognarsi della propria immoralità: è un gradino della scala, al termine della quale ci si vergognerà anche della propria moralità.
Non si odia finché la nostra stima è ancora poca, ma soltanto allorché si stima qualcuno come uguale o superiore.
Negli uomini duri il trasporto dell'animo appartiene al pudore ed è qualcosa di prezioso.
Il mezzo migliore per cominciare bene ogni giornata è: svegliandosi pensare se non si possa in questa giornata procurare una gioia almeno a una persona. Se ciò potesse valere come un sostitutivo dell'abitudine religiosa della preghiera, il prossimo trarrebbe vantaggio da questo cambiamento.
Il passato deve essere rispettato e riconosciuto, ma non adorato. E' il futuro il luogo dove troveremo la nostra grandezza.
Non rimuginare mai sul passato. Pensa sempre al futuro ed a come sia destinato ad essere ancor peggiore.
Chi controlla il passato - diceva lo slogan del Partito - controlla il futuro. Chi controlla il presente controlla il passato.
Il futuro appartiene a coloro che si mostrano ad esso.
Noi non cerchiamo mai le cose, ma la ricerca delle cose, non viviamo mai nel presente, ma in attesa del futuro.
Non posso cambiare il passato ma posso provare a migliorare il futuro.
Quando ci ritagliamo una nicchia per noi stessi nel nostro futuro immaginario, e decidiamo che non saremo felici fino a quando non la raggiungeremo, possiamo solo sentirci minacciati ed ansiosi per ogni cosa che si frappone nel nostro cammino.
Io ho compreso che il passato ed il futuro sono vere illusioni, che essi esistono nel presente, che è quello che c'è ed è tutto quello che c'è.
Non stare in ansia per l'avvenire, perché vi arriverai, se dovrai, portando in te la stessa ragione di cui ti avvali ora per il presente.
Ammirare un quadro antico equivale a versare la nostra sensibilità in un'urna funeraria, invece di proiettarla lontano, in violenti getti di creazione e di azione.