Non fa bene al morale assistere a una cattiva recitazione.
Vi sono peccati il cui fascino sta più nella memoria che nel fatto, strano trionfo che gradisce più l'orgoglio che la passione e dà all'intelletto un agile senso di gioia, più grande di ciò che il peccato arreca o può arrecare ai sensi.
Le donne somigliano ai minorenni, vivono delle loro speranze.
Le donne, secondo il detto di un Francese di spirito, ci ispirano il desiderio di compiere i capolavori, e ci impediscono sempre di eseguirli.
Ho il culto delle gioie semplici. Esse sono l'ultimo rifugio di uno spirito complesso.
Noi viviamo nell'epoca in cui la gente è così laboriosa da diventare stupida.
Sono contento che nessuno mi abbia insegnato a recitare: perché così, non sapendo recitare, recito benissimo.
Recitare è l'espressione di un impulso neurale. È una vita noiosa.
Non siamo mai così poco liberi come quando tentiamo di recitare.
Recitare non è molto diverso da una malattia mentale: un attore non fa altro che ripartire la propria persona con altre. È una specie di schizofrenia.
Non credo che si possa insegnare a recitare. Ho visto persone intelligenti fallire miseramente e individui piuttosto ottusi recitare benissimo. Ma per recitare occorre essenzialmente del sentimento.
Credo che la recitazione, in senso assoluto, abbia a che fare proprio con il tempo, e il suo trascorrere.
Nelle recite a soggetto, che siano fatte per il regista o per lo psicanalista, non assistiamo né alla vittoria del poeta né a quella degli attori, ma forse alla sconfitta di tutti; e siccome la sconfitta ci piace, continuiamo.
Recitare è un piacevole lavoro per bambini: pretendi di essere qualcun altro vendendo te stesso.
Recitare è entrare nel personaggio e uscire, entrare e uscire, avanti e indietro, e non vorrei andare oltre in questa similitudine.