Far poesia vuol dire riconoscersi.
C'è un detto popolare: "ha ragione da vendere". Ma se il venditore va al mercato, chi gliela compera? La ragione, ai nostri giorni, è convenientemente squalificata.
Guai della vecchiaia: non potere sollevare un fuscello senza sentirsi morire.
Poesia, accordo supremo del nostro essere con se medesimo. Far poesia, in fondo, vuol dire senz'altro riconoscersi. Quando la parola è accettata senza reticenze, quando la parola non forza nulla, e le basta lasciarsi dire.
Non sgomentarsi dei nostri sbagli, delle trappole in cui incappiamo. Non sono mai insuperabili. Lasciarsi condurre per mano dalla vita.
Una poesia è buona finché si sa di chi è.
La poesia bisogna sentirla, non capirla.
A mio parere non ha una piena educazione letteraria chi non conosce i poeti.
La poesia, non ad altro intonata che a poesia, è quella che migliora e rigenera l'umanità, escludendone, non di proposito il male, ma naturalmente l'impoetico.
Ogni poesia è femmina!
Far poesie è come far l'amore: non si saprà mai se la propria gioia è condivisa.
Non credete soltanto a ciò che vedete. È più profondo lo sguardo dei poeti. Per loro la Natura è un giardino di casa.
Non si scrive un poema con le idee, ma con le parole.
Gli editori credono ciecamente, con apriorismo razzistico, che la poesia sia tabù per la libreria. E lo credono anche i librai.
Di fronte alla poesia mi trovo disarmato. La bellezza del linguaggio in versi è profondamente superiore.
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