Di confini non ne ho mai visto uno. Ma ho sentito che esistono nella mente di alcune persone.
Viaggiando ci s'accorge che le differenze si perdono: ogni città va somigliando a tutte le città, i luoghi si scambiano forma ordine distanze, un pulviscolo informe invade i continenti.
I luoghi puoi capirli solamente se ci dormi e se cerchi di captare la voce che rilasciano col buio.
Il viaggiare moderno toglie al viaggiatore esattamente quanto basta del suo senso di identità da generare il bisogno di acquistare decalcomanie e souvenir cianfrusaglia che rafforzano il suo senso parzialmente eroso di unicità personale.
Un seminario sui viaggi nel tempo si terrà due settimane fa.
Viaggiare è camminare verso l'orizzonte, incontrare l'altro, conoscere, scoprire e tornare più ricchi di quando si era iniziato il cammino.
Io resto qui e certo ci resterò. È così dolce restare. Forse che la natura va all'estero?
Cavalcare, viaggiare e cambiare luogo ricreano l'animo.
Perché ogni vero viaggio presuppone la disponibilità ad accettare l'imprevisto, qualunque esso sia, anche quello di non sapere più di preciso chi si era prima di partire.
Sembra esserci nell'uomo, come negli uccelli, un bisogno di migrazione, una vitale necessità di sentirsi altrove.
Lottare e soffrire: questa è l'essenza di una vita degna di essere vissuta. Se non stai spingendo al di là della tua "zona di comfort", se non stai chiedendo di più a te stesso - crescendo e imparando nel cammino - stai scegliendo un'esistenza vuota. Ti stai negando un viaggio straordinario.