Con un'espressione sintetica si può dire che il cinema scientifico ci ha permesso di "vedere l'invisibile".
Amo il cinema non in quanto tale ma perché rappresenta la possibilità di raccontare storie che riguardano la nostra vita, i nostri problemi: mi piace inserirmi in questi problemi e analizzarli; se non lo facessi nel lavoro, mi resterebbe ben poco tempo per farlo nella mia giornata.
Io sono un animatore. Mi sento come se fossi il direttore di una fabbrica di cinema d'animazione. Non sono un dirigente. Sono un po' come un caposquadra, come il capo di un team di artigiani. Questo è lo spirito con cui lavoro.
Non sono brava a capire ciò che il pubblico vuole vedere.
Ad Hollywood mi sono trovato sia bene sia male. Ho lavorato con grandi produttori come la Disney ed ho imparato molto, ma non mi capacito di quanti soldi sprecano.
Ho sempre rifiutato le offerte teatrali, perché ritengo che il vero attore sia quello di teatro, che apre il palcoscenico e, se sbaglia una sillaba, viene buttato fuori dal pubblico. Nel cinema, al quarantesimo ciak, anche una scimmia riesce a far bene la scena.
Ora ho delle idee sulla realtà, mentre quando ho cominciato avevo delle idee sul cinema. Prima vedevo la realtà attraverso il cinema, e oggi vedo il cinema nella realtà.
Oggi tutto è cinema; l'unica cosa che praticamente cambia è dove e come lo si vede.
Per me il cinema si è fermato a quello di un tempo. Le attrici del passato erano autentiche, mai costruite. La mia preferita resta Brigitte Bardot.
Il cinema ha questo di salutare: anche se la voglia originaria si è dileguata, la realizzazione comporta una tale serie di problemi concreti che vai avanti a fare la cosa senza renderti conto di non ricordarla più. Il film lo giri senza sapere esattamente di che si tratta.
La tv è il posto in cui si appare più piccoli. Il cinema quello dove si appare più grandi. Il teatro quello in cui si appare più veri.
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