Nell'uomo primitivo è in primo luogo la paura che suscita l'idea religiosa.
Non c'è, a questo mondo, grande scoperta o progresso che tenga, fintanto che ci sarà anche un solo bambino triste.
La prima necessità dell'uomo è il superfluo.
Il nostro compito deve essere quello di liberare noi stessi da questa prigione; attraverso l'allargamento del nostro circolo di conoscenza e di comprensione; sino a includere tutte le creature viventi e l'interezza della natura nella sua bellezza.
Una comunità sana è legata tanto alla libertà degli individui quanto alla loro unione sociale.
Chi non riesce più a provare stupore e meraviglia è già come morto e i suoi occhi sono incapaci di vedere.
Viviamo nella paura, ed è così che non viviamo.
Niente aiuta tanto a vivere quanto la paura di morire.
Fu solo la paura che al principio del mondo creò gli dei.
Ho sempre sostituito la paura di non farcela più, con la speranza di farcela di nuovo.
La paura non ha mai portato nessuno alla vetta.
C'è un mucchio di gente, che, appena nasce, si prende paura, e rimane sempre con la paura di tutte le cose!
Le grandi emozioni incomprensibili fanno paura, almeno a me.
Il pauroso non sa che cosa significa esser solo: dietro la sua poltrona c'è sempre un nemico.
La paura si impadronisce degli uomini perché essi vedono accadere sulla terra molte cose delle quali non riescono a cogliere la causa e quindi la attribuiscono a una divinità.
La paura è uno strano terreno. Vi cresce soprattutto il grano dell'obbedienza, in file facili da sarchiare. Ma talvolta vi crescono le patate della sfida, che si sviluppano sottoterra.