Il miglior antidoto al dolore è il lavoro.— Arthur Conan Doyle
Il miglior antidoto al dolore è il lavoro.
Quella dell'investigazione è, o dovrebbe essere, una scienza esatta e andrebbe quindi trattata in maniera fredda e distaccata.
Miserabile è chi non ha una donna che ne pianga la morte.
Nulla è più innaturale dell'ovvio.
Bisognerebbe sempre cercare una possibile alternativa, ed eliminarla. È la prima regola per un investigatore.
Una mezza ammissione è peggiore di una negazione.
Il lavoro è una droga che sembra una medicina.
Vedeva i loro volti scolpiti con l'accetta, rifiniti a pennato, tostati dal sole, forti di fatiche, segnati da lavori pesanti. Erano uomini sereni. Forse anche in pace.
Gli uomini lavorano semplicemente per sfuggire all'agonia deprimente della vita contemplativa - dato che il loro lavoro, come il loro gioco, è un idolo che li serve, consentendo loro di fuggire dalla realtà.
Perché si lavora? Certo per produrre cose e servizi utili alla società umana, ma anche, e soprattutto, per accrescere i bisogni dell'uomo, cioè per ridurre al minimo le ore in cui è più facile che si presenti a noi questo odiato fantasma del tempo.
Naturalmente il lavoro non può dare felicità se non ha successo. Ma se lo ha, riempie le giornate e dà un'immensa gioia.
Sforzo * Tempo = CostanteDato all'inizio un tempo lungo per fare qualcosa, lo sforzo iniziale sarà modesto. Quando il tempo si riduce a zero, lo sforzo tende all'infinito.
Chiudersi in sé, consacrarsi esclusivamente al lavoro, significherebbe fare del proprio io una prigione.
Il lavoro è il migliore contravveleno del dolore, è fonte di salute e di ricchezza per l'individuo, causa prima di grandezza e di prosperità per le nazioni.
Chi ha molto da fare non ha tempo di abbandonarsi alla dissolutezza. Senza dubbio il lavoro cancella i vizi generati dall'ozio.
Se A è uguale a successo, allora la formula è A = X + Y + Z. Il lavoro è X; il gioco è Y; e Z è tenere la bocca chiusa.