Vivere del pensiero è sentirsi superiori alla comunità.— Carlo Maria Franzero
Vivere del pensiero è sentirsi superiori alla comunità.
La moralità, ciò che la società chiama «morale» di per sé non esiste.
E che è l'istinto se non lo specchio fedele, se non ciò che obbedisce in corrispondenza a tutte le manifestazioni della natura?
Nel bisogno stesso di superiorità estetica della vita, nel senso stesso di nausea per la vita vi è la rinascita dell'anima.
È la vita che ci governa: noi non possiamo che subirla.
Il paradosso non è che la verità portata all'esagerazione.
Il pensiero ingrandisce il nostro piccolo essere che è come un granello di sabbia di fronte all'eternità.
Il pensiero è malato, che la cultura dominante non ha più nessuna stima, perché il pensiero è fatto per sua natura per nutrirsi di realtà, e perciò per offrire agli uomini una verità che esso scopre nelle cose.
Quando consideri il numero di uomini che sono davanti a te, pensa a quanti ti seguono.
Abbiamo poco controllo sui nostri pensieri. Siamo prigionieri delle idee.
Per alcuni pensieri è meglio non ammetterli, bensì allontanarli subito.
Il pensiero è un dinamismo dialogico ininterrotto, una navigazione tra Scilla e Cariddi verso le quali la trascina ogni egemonia di uno dei processi antagonisti.
Per quanto male un uomo possa pensare delle donne, non c'è donna che non pensi peggio di lui.
Uno si smarrisce pensando troppo, come pensando poco.
Pensare è sommamente nostro; sepolto nella privatezza più intima del nostro essere, È anche il più comune, usurato, ripetitivo degli atti. Questa contraddizione non può essere risolta.
Un uomo che pensi correttamente, molto probabilmente pensa ai propri affari. Quando non è così, egli smette di pensare ai propri insignificanti affari per occuparsi di quelli degli altri.