Il vero amore è devozione cieca, è umiliarsi senza fare domande, è sottomettersi completamente, è avere fiducia e confidare a dispetto di te stesso e a dispetto del mondo intero, concedendo tutto il tuo cuore e tutta la tua anima al tuo tormentatore.

Charles Dickens
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La nostra interpretazione

L’amore viene presentato come una forza assoluta che travolge ogni difesa razionale. Diventa un atto totale di resa, in cui la persona accetta di annullare il proprio orgoglio, le proprie domande, perfino il proprio istinto di protezione. Non si tratta di un sentimento equilibrato o pacifico: è un legame che spinge a consegnare il centro più vulnerabile di sé a qualcuno che può ferire, e che talvolta viene percepito come un vero e proprio tormentatore. Questa dinamica mette in luce la contraddizione fra la lucidità della mente e l’abbandono del cuore: anche quando tutto, dentro e fuori di sé, suggerirebbe prudenza o fuga, la fiducia rimane ostinata e radicata. L’amore diventa allora una devozione che sfiora la dipendenza, in cui la dignità personale si piega a una fedeltà incondizionata. In filigrana emerge una domanda inquieta: fino a che punto l’amore, quando è così totale, resta ancora una scelta libera e non una forma di prigionia emotiva?

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