La felicità non è fatta per i mortali. Chi può dirlo? Nessuno l'ha vista.
La vita non ha un senso: è desiderio. Il desiderio è il tema della vita.
Il pubblico non sa mai quello che vuole, ma solo ciò che non vuole.
È paradossale che nell'elaborazione di una comica la tragedia stimoli il senso del ridicolo; perché il ridicolo, immagino, è un atteggiamento di sfida: dobbiamo ridere in faccia alla tragedia, alla sfortuna e alla nostra impotenza contro le forze della natura, se non vogliamo impazzire.
Io non credo, né mi rifiuto di credere, in nulla.
Quando ho cominciato ad amarmi davvero, mi sono rifiutato di vivere nel passato e di preoccuparmi del mio futuro. Ora vivo di più nel momento presente, in cui tutto ha un luogo. È la mia condizione di vita quotidiana e la chiamo "perfezione".
Felice è solo colui che non desidera nulla.
Viviamo tutti coll'intento di diventare felici.
Le regole fondamentali per raggiungere la felicità sono queste: non maledirsi o disprezzarsi e non essere arrabbiati contro gli altri o contro l'universo. Questi rappresentano i due ostacoli principali.
La legge naturale non dà il diritto alla felicità, ma anzi prescrive la miseria e il dolore.
Dicono che la felicità dell'uomo non può consistere fuorchè nella verità. Così parrebbe, perchè qual felicità in una cosa che sia falsa? E come, se il mondo è diretto alla felicità, il vero non deve render felice? Eppure io dico che la felicità consiste nell'ignoranza del vero.
Buona parte della felicità nostra sta nella distrazione da noi medesimi.
Tutti vogliono vivere in cima alla montagna ma tutta la felicità e la crescita avvengono mentre la scali.
Per quanto possa sembrare paradossale, quello che a molti di noi manca è il coraggio di tollerare la felicità senza autosabotarsi.
Nessun uomo è felice, da sposato, se deve bere del gin peggiore di quello che era solito bere da scapolo.
La voce della carne è: non aver fame, non aver sete, non aver freddo. Chi ha queste cose può gareggiare in felicità anche con Zeus.